Processo a Rolandina. La storia vera di una transgender condannata al rogo nella Venezia del XIV secolo

Per essere in tutto e per tutto una donna le mancava solo una cosa; ma ogni altro aspetto del suo corpo – dal seno alla dolcezza delle fattezze, dalla corporatura alla voce – evocava nella sua persona una femminilità prorompente, al punto che ogni uomo che andò a letto con lei non si accorse che in realtà Rolandina Roncaglia era nata uomo: la prima transgender conosciuta della storia moderna, la cui esistenza sia certificata da un documento, nel suo caso un dispositivo di sentenza.

Perché quando fu scoperta non finì bene: il Trecento, secolo in cui visse e in cui morì sul rogo, non era fatto per una transgender; oltre a questo, la grande pestilenza del 1348 (e tutte quelle successive) fu in gran parte attribuita ai peccati che si commettevano nelle città, fra i quali quello della cosiddetta sodomia (che era ugualmente vietata in ogni forma di rapporto, anche in quelli eterosessuali). Eppure Rolandino, quando ancora si vestiva da uomo, tentò in ogni modo di condurre una esistenza “normale”: nata a Roncaglia, nel padovano (come spesso avveniva all'epoca, si adottò la località natale come cognome), sposò una giovane del suo paese con la quale però – per sua stessa ammissione, ricavata dalla sentenza dei “Signori di Notte al Criminal” conservata nell'Archivio di Stato di Venezia – non riuscì mai ad avere alcun rapporto, al punto che sua moglie lo lasciò presto, prima di morire proprio durante la pestilenza del 1348.

Fu allora che si spostò a Padova, forse per evitare le maldicenze del paese, per stabilirsi a casa di un suo parente; ma anche qui, pur vestendosi da uomo, non potè certo trattenere i gesti, le movenze, le espressioni che ne tradivano l'intima natura femminile, al punto che molti iniziarono a scambiarla per una donna che indossasse abiti maschili. La svolta arrivò nel corso di una notte: un uomo, ospite in casa, le entrò di soppiatto nel letto “credendo che lui fosse femmina” (come si legge dalle motivazioni della sentenza) ed ebbe un rapporto con lei senza accorgersi di nulla.

Per Rolandina fu una rivelazione e una liberazione: decisa, da allora in poi, ad assumere su di sé il ruolo della donna “e volendo essere ritenuto femmina” – ovvero ciò che più profondamente sentiva di essere – dopo poco tempo (e la sperimentazione di altri rapporti con uomini inconsapevoli della sua natura) si trasferì a Venezia e iniziò a vestirsi con abiti femminili. Da quel momento fu per tutti Rolandina: di giorno girava per Rialto con le sue ceste vendendo uova e talvolta di notte – non guadagnando abbastanza (alla domanda dei Signori di Notte sul perché si prostituisse rispose con grande semplicità “per guadagnare un poco di denaro”) – percorreva le stesse calli concedendo il suo corpo così come facevano decine di altre prostitute in quella zona.

Le frequentava, anzi; e nessuna mai si accorse che quella ragazza delicata e pudica che si prostituiva pur senza essere esattamente una di loro fosse in realtà un uomo: quando stava con loro Rolandina ebbe sempre l'accortezza di tenere una fascia al pube, per non rivelare la sua doppia natura, lavandosi con loro alla “stua”, uno dei tanti bagni pubblici della zona di Rialto, o condividendone addirittura il letto.

Ma era un gioco pericoloso che durò fin troppo a lungo: quasi sette anni. Dopodiché Rolandina fu scoperta; e sebbene la Serenissima sia stata nella storia abbastanza tollerante in fatto di sesso, la sodomia – specialmente quella legata all'omosessualità – si pagava con il rogo, e il “grave peccato” di cui si era macchiata la Roncaglia (che tornò ad essere “Rolandino” nel corso dell'istruttoria, tenutasi il 20 marzo 1354, nel corso della quale fu anche issata con le mani legate dietro le spalle) era di quelli da mondare con il fuoco.

Il 28 marzo 1354, vestita da uomo, la prima transgender conosciuta alla moderna storia d'Europa (raccontata anche in un libro di Marco Salvador, “Processo a Rolandina”) fu portata al cospetto del doge Andrea Dandolo, di fronte al quale ratificò la sua confessione. Lo stesso giorno, su ordine dei giudici Giovanni Nicolò Rosso e Daniele Cornaro fu condannata “a essere bruciato in modo che muoia”.




Marco Salvador è uno studioso del Medioevo e ha all’attivo molti romanzi ambientati in quel periodo storico. Questa volta la sua impresa è impegnativa. Raccontare la storia – realmente accaduta – di Rolandina (probabilmente il primo transgender o ermafrodita veneziano) è una narrazione impegnativa perché tocca, e Salvador lo sa bene, temi che hanno attraversato i secoli per essere ancora attuali anche nella nostra società. Rolandina è vista come il coacervo di tutti i mali. Un essere impuro, un sodomita che va messo al rogo e bruciato, per far sì che la città sia salva dalla peste, che i veneziani siano al sicuro dalle malattie e dalla conseguente povertà. Quello che emerge dalla ricostruzione storica che Salvador propone (tutti gli scambi epistolari dei nobili veneziani a cui spettava il compito di giudicare Rolandina) è una umanità completamente terrorizzata dalla diversità. E solo un uomo, Marco Giustinian, tenterà invano di salvare dal rogo il giovane transgender: ma mettersi contro la morale comune è qualcosa che, da soli, diventa una impresa titanica. Dal Medioevo all’oggi il passo è breve: i diritti dei gay e dei transgender sono sempre in bilico in una società che “accetta” ma che spesso non accoglie, che guarda ancora con sospetto tutti i diversi, che fa prima a ergere barriere che a costruire ponti tra mondi e culture diverse. Il romanzo di Salvador ci lascia l’amaro in bocca e la possibilità di riflettere su ciò che è stato e ciò che è e, cosa ancora più importante, ciò che vogliamo che la nostra società diventi. Probabilmente lo stile è un po’ troppo impegnativo e la forma epistolare non facilita la lettura scorrevole: eppure ne vale la pena. Vale sempre la pena di conoscere il passato per non commettere nuovi errori e orrori.

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