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mercoledì 11 giugno 2014

Mentre l’Italia si interroga sul “divorzio imposto”, la Danimarca è il primo Paese europeo a permettere il cambio di genere senza diagnosi clinica

Oggi il Parlamento danese ha approvato una legge che rimuove vari ostacoli al riconoscimento legale del genere divenendo il primo Paese europeo dove la diagnosi di «Disturbo dell’identità di genere» o altro esame psicologico è necessario per poter scegliere il proprio genere.

Non sarà più necessario nessun intervento medico né tantomeno la sterilizzazione chirurgica per vedersi riconosciuto legalmente il proprio genere di appartenenza.

Le nuove regole entreranno in vigore il primo settembre 2014. Da quel momento la persona interessata sarà l’unica a dover decidere: si dovrà fare una prima domanda che dovrà essere confermata dopo 6 mesi. Punto.

In Italia la legge 164/82 lascia un certo margine di interpretazione, poiché non specifica se la rettifica del sesso debba riguardare i tratti sessuali primari o anche quelli secondari e se il solo trattamento farmacologico sia sufficiente a garantire il cambio di sesso o se piuttosto sia necessario l’intervento chirurgico. Tuttavia, la pratica comune consiste nel considerare la rimozione delle gonadi come il requisito fondamentale per riconoscere il cambio di sesso, anche se alcune sentenze hanno permesso di modificare l’indicazione del sesso sui documenti di identità anche a delle persone transessuali che non si erano sottoposte ad alcun intervento chirurgico.

Questa situazione si traduce nella difficoltà da parte delle persone transgender di trovare un’occupazione, di accendere un mutuo e nel verificarsi di frequenti violazioni della privacy ogniqualvolta, ad esempio, la persona transgender si ritrova a dover esibire in pubblico il documento di identità, i cui dati sul genere non corrispondono all’aspetto fisico del/la transgender in questione.

La legge 164/82, inoltre, prevedrebbe lo scioglimento automatico del matrimonio in caso di mutamento di sesso di uno dei coniugi, previsione passata ieri al vaglio della Corte Costituzionale (si attende di conoscere l’esito dell’udienza pubblica) per sospetta illegittimità costituzionale poiché, ha detto la Corte di Cassazione che ha eccepito la costituzionalità della legge, configurerebbe «una compressione del tutto sproporzionata dei diritti della persona legati alla sfera relazionale intersoggettiva, mediante un’ingerenza statuale diretta».

Yuri Guaiana, segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti, dichiara: «mentre si attende di conoscere l’esito dell’udienza pubblica alla Corte Costituzionale sull’obbligo di divorzio in caso di mutamento di sesso di uno dei coniugi, la Danimarca rimuove tutti gli ostacoli al riconoscimento legale del genere. Quasi 8.000 persone hanno firmato una petizione per chiedere la calendarizzazione di una proposta di legge che rimuova i dubbi interpretativi che gravano sulla legge 164/82 e ristabilisca i diritti umani e la dignità delle persone transessuali. La Corte Costituzionale renderà presto note le sue decisioni, ma le cittadine e i cittadini italiani trans non possono aspettare in eterno per vedere riconosciuti i propri diritti umani, anche il Parlamento deve prendersi le sue responsabilità in fretta. I tempi della politica devono rispettare quelli degli individui che nascono, vivono e muoiono senza diritti. Questa dev’essere la generazione che vede riconosciuti i propri diritti umani fondamentali, anche in Italia!».

Comunicato stampa dell’Associazione Radicale Certi Diritti

martedì 3 giugno 2014

Può un uomo che ha varato delle leggi che limitano la libertà delle persone omosessuali, diventare presidente dell'ONU, un'istituzione in prima linea nelle battaglie contro l'omofobia?

NEW YORK - Polemiche all'Onu dove l'11 giugno il prossimo presidente dell'assemblea generale Sam Kutesa sarà eletto presidente dell'Assemblea Generale. L'elezione è un atto dovuto: Kutesa, che erediterà il posto dall'attuale presidente John Ashe, è il candidato designato dall'Unione Africana a cui spetta l'incarico per il prossimo mandato. Ma è anche il ministro degli esteri dell'Uganda, Paese che solo quattro mesi fa ha scritto nei codici la più severa legge antigay del mondo.

Le Nazioni Unite sono in prima linea nelle battaglie contro l'omofobia: l'ultima iniziativa dell'Alto Commissario per i Diritti Umani è un video a favore dei "gay rights" coreografato da Longi di Slumdog Millionnaire.

Partite dall'Uganda, voci di disapprovazione sono arrivate al Palazzo di Vetro e al Congresso americano. "Sarebbe inquietante vedere il ministro degli esteri di un Paese che ha passato una legge ingiusta e discriminatoria sulla base dell'orientamento sessuale che diventa presidente dell'Assemblea generale dell'Onu", ha detto la senatrice di New York Kirsten Gillibrand mentre in Gran Bretagna l'attivista per i diritti dei gay Peter Tatchell ha fatto appello al governo di David Cameron di intervenire per bloccare la candidatura.

Ad oggi ci sono pochi dubbi che la nomina di Kutesa passi e il successore di Ashe dovrebbe essere eletto, come consuetudine, per acclamazione. Intanto però una petizione su Change.org che fa appello al segretario di Stato John Kerry perché revochi a Kutesa il visto di ingresso e ai paesi membri dell'Onu perché' votino contro il ministro ha ottenuto finora alcune migliaia di firme. L'autore, Milton Allimadi, un giornalista ugandese a New York, ha argomentato che Kutesa "rappresenta l'antitesi di quel che simbolizzano globalmente le Nazioni Unite: pace, sicurezza e tutela dei diritti umani per tutti".

La legge ugandese contro l'omosessualità punisce con l'ergastolo i gay "recidivi", vale a dire le coppie omosessuali che impegnati in una relazione e con sette anni di carcere chi li aiuta a non essere scoperti. Cinque anni di prigione toccano invece a chi promuove l'omosessualità. Come ministro degli esteri, Kutesa ha contribuito a difendere le norme del suo paese a fronte della condanna internazionale sia pure con toni meno violenti del presidente dell'Uganda Yoweri Museveni: "La maggioranza degli africani aborrisce questa pratica", ha dichiarato, aggiungendo che l'omosessualità è "sbagliata e offende la nostra cultura".

Ats Ans