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venerdì 16 novembre 2012

L’Argentina riconosce il femminicidio come reato penale.

di Angela Amarante


Un murales contro la violenza sulle donne

Con 204 voti favorevoli e nessun contrario, la Camera dei deputati argentina ha approvato il disegno di legge per l’inserimento del femminicidio nel codice penale.

D’ora in poi verrà imposto il carcere o l’ergastolo per “chi uccide per odio di genere” e per “quanti uccidono un ascendente, discendente, coniuge o persona con la quale egli sostiene, ha mantenuto o ha provato senza successo ad iniziare una relazione”.

Si tratta di un provvedimento ritenuto fondamentale dopo i numerosi casi di omicidi di donne da parte del partner – 282 nel corso del 2011, secondo l’Osservatorio sugli omicidi di genere in Argentina.

Il termine “femminicidio”, inteso come la violenza fisica, psicologica, economica, istituzionale, rivolta contro la donna in quanto tale, è stato coniato proprio in America Latina, con riferimento alla strage delle donne di Ciudad Juarez, in Messico. In questa poverissima città, dove imperano le gang di narcotrafficanti, vengono ammazzate centinaia di donne ogni anno. Di molte non si trovano nemmeno i corpi, squagliati da un potente acido che la mafia messicana chiama “lechada”.
In tutto il Messico, dal 2006 al 2009, sono state assassinate 3.726 donne. Tutte le vittime subiscono lo stesso brutale trattamento: rapite mentre vanno a lavoro o tornano a casa, violentate, mutilate e uccise. Sono quasi sempre donne indigene, molto povere e quindi non in grado di coprire gli alti costi della giustizia.

Il Messico è la regione col più alto numero di vittime, ma l’intera America Latina può essere considerata la capitale del femminicidio. In Bolivia nel 2007 gli omicidi sono stati 420. In Nicaragua, solo nel 2010 sono state uccise circa 600 donne indigene. Nello stesso anno, a El Salvador, circa 500. Nel 2011 più di 200 donne hanno perso la vita nella Repubblica Dominicana, e altrettante in Guatemala.

Il machismo, la povertà, ma soprattutto l’impunità sono le cause delle atroci violenze subite dalle donne sudamericane. La coltre di omertà sotto cui si nascondono polizia e Governo lascia ben poco spazio a soluzioni concrete e credibili. Basti pensare che il governatore di Ciudad Juarez ha cercato di giustificare l’allarmante tasso di femminicidi con la scusa più abusata al mondo: la colpa è delle donne, perché si vestono in maniera troppo provocante.

Il provvedimento adottato in Argentina, invocato da Amnesty International e dalle associazioni per i diritti delle donne e favorito dalla presenza di una donna al potere (Cristina Fernández de Kirchner, attuale capo del Governo) rappresenta un passo importante nella lotta contro le violenze di genere. Sradicare una mentalità tradizionalista, violenta e maschilista non è impresa facile, soprattutto se amplificata dalla connivenza tra politica, forze dell’ordine e mafia, specie a livello locale. Le iniziative istituzionali non devono fermarsi qui, ma all’Argentina va il merito di aver aperto uno spiraglio: un Governo ha il dovere di garantire non solo la sicurezza e la difesa delle vittime di abusi, ma anche la punibilità senza se e senza ma dei loro carnefici.

sabato 9 giugno 2012

No all'omofobia, sì ai diritti umani delle persone lgbti in Italia




“Liberi ed eguali in dignità e diritti”


Come accade purtroppo in diverse parti del mondo e dell’Europa, anche in Italia i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti) sono messi a rischio dalla discriminazione e da altri fattori, legislativi, sociali e culturali. Le istituzioni hanno l’obbligo di prevenire e contrastare la discriminazione, perché qualsiasi eccezione all'universalità dei diritti umani è inaccettabile.


È necessario che le autorità italiane assicurino alle persone Lgbti il diritto a esprimere la loro identità di genere e il loro orientamento sessuale, il diritto a una vita affettiva e familiare libera da interferenze e un equo accesso a tutti i diritti umani riconosciuti dalle convenzioni e dagli standard internazionali.

Negli ultimi anni, attacchi verbali e fisici nei confronti delle persone Lgbti si sono verificati con preoccupante frequenza, mentre diversi esponenti politici e istituzionali hanno continuato a fomentare un clima di intolleranza e di odio verso le persone Lgbti con dichiarazioni palesemente discriminatorie.

La legge penale italiana anti discriminazione prevede pene aggravate per crimini di odio basati sull’etnia, razza, nazionalità, lingua o religione, ma non tratta allo stesso modo quelli motivati da finalità di discriminazione per l’orientamento sessuale e l’identità di genere (c.d. legge Mancino-Reale, n. 654 del 1975, come modificata e integrata dal decreto legge n. 122 del 1993 e successive modificazioni). A causa di questa lacuna, le persone che subiscono discriminazione, odio e violenza a causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere non hanno la stessa tutela garantita alle vittime di reati motivati da altri fattori che la legge identifica come discriminatori; per lo stesso motivo, l’incitamento verbale all'omofobia e alla transfobia, i cui casi purtroppo non sono mancati in questi anni, non è perseguibile come crimine motivato da odio.

Questa lacuna è in contrasto con la legislazione internazionale ed europea sulla discriminazione e rischia di favorire l’aumento di atteggiamenti di intolleranza e violenza verso le persone Lgbti. Il principio di non discriminazione, sancito dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, trattato vincolante per l’Italia, garantisce parità di trattamento tra le persone e stabilisce il divieto di qualsiasi forma di discriminazione basata su sesso, razza o origine etnica, lingua, religione o credo, disabilità, età e orientamento sessuale.

Ciononostante, nel luglio 2011, come già accaduto nel 2009, il parlamento italiano ha respinto proposte di legge tese a colmare questa lacuna.

Inoltre, nella legislazione italiana manca qualsiasi riconoscimento della rilevanza sociale delle famiglie costituite da persone dello stesso sesso - alle quali non viene consentito di sposarsi - e dai loro figli. In tutto il mondo, Amnesty International si oppone alla discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere nell'accesso al matrimonio civile e chiede agli stati che riconoscano diritti anche alle famiglie di fatto e alle unioni formate all'estero sulla base delle leggi locali. Negare il riconoscimento alle coppie omosessuali impedisce a molte persone di godere di tutta una serie di diritti, necessari per l’auto realizzazione, e alimenta ulteriormente la stigmatizzazione, la discriminazione e gli abusi nei confronti delle persone Lgbti.

Le autorità italiane hanno la responsabilità di proteggere e garantire la realizzazione dei diritti umani delle persone Lgbti affinché esse non siano vittime di discriminazione, possano godere degli stessi diritti di ogni individuo e possano esprimere liberamente il loro orientamento sessuale e identità di genere senza il rischio di subire altre violazioni e abusi dei loro diritti umani.

In occasione dell’odierno gay pride nazionale di Bologna, Amnesty International ha lanciato un appello indirizzato a Elsa Fornero (Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità), Renato Schifani (Presidente del Senato) e Gianfranco Fini(Presidente della Camera) in cui, con lo stile sobrio di Amnesty ma senza peli sulla lingua si denuncia la situazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e inter-sessuate. Si legge nel testo:

Egregio ministro,
Egregio presidente del Senato,
Egregio presidente della Camera,

Sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione non governativa che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.

Sono preoccupato per la discriminazione che colpisce le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti) in Italia, dove una lacuna legislativa comporta che le vittime di reati motivati da odio verso l'orientamento sessuale o l'identità di genere non abbiano la stessa tutela garantita alle vittime di reati motivati da altri fattori di discriminazione, e che l'incitamento verbale all'omofobia e alla transfobia non sia perseguibile come crimine d'odio. Questo rischia di favorire l'aumento di atteggiamenti di intolleranza verso le persone Lgbti ed è contrario al principio di non discriminazione sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che è vincolante per l'Italia.

Ritengo che le autorità italiane debbano assicurare alle persone Lgbti il diritto all'espressione della loro identità di genere o del loro orientamento sessuale, il diritto a una vita affettiva libera da interferenze e un equo accesso a tutti i diritti umani riconosciuti dalle convenzioni e dagli standard internazionali in materia.

Chiedo dunque al parlamento e al governo italiano di:

-Adoperarsi affinché la discriminazione basata su orientamento sessuale o identità di genere sia adeguatamente prevenuta e contrastata attraverso una legislazione e con prassi pienamente in linea con gli strumenti internazionali e regionali a tutela dei diritti umani;

-Garantire che i crimini motivati da finalità di discriminazione o di odio verso le persone Lgbti abbiamo lo stesso trattamento sanzionatorio previsto dall'attuale normativa (c.d. legge Mancino-Reale) per quelli motivati da finalità discriminatorie di altro tipo;

-Assicurare un'effettiva protezione alle vittime di reati di stampo omofobico e transfobico, garantendo il loro pieno accesso alla giustizia;

-Assicurare che ogni atto di violenza e i reati di stampo omofobico e transfobico siano efficacemente indagati e i responsabili siano portati di fronte alla giustizia;

-Eliminare ogni forma di discriminazione nella legislazione sul matrimonio civile, prevedendo il matrimonio per le coppie omosessuali, riconoscendo i matrimoni e le unioni celebrate all'estero e garantendo pari diritti ai figli delle persone omosessuali;

-Garantire l'accesso gratuito alle cure mediche necessarie al benessere, all'integrità e all'autodeterminazione delle persone Lgbti;

-Assicurare che gli atti dello stato civile e tutti i principali documenti siano modificabili al fine di rappresentare adeguatamente l'identità di genere, e che la scelta dell'identità di genere sia garantita per ciascuno.

La ringrazio per l'attenzione. L’invito, pertanto, al Parlamento e al governo è quello di eliminare ogni forma di discriminazione nei confronti delle persone lgbti. È possibile firmare l’appello online

Amnesty International Italia prenderà parte al Bologna Pride 2012 di oggi, sabato 9 giugno, aderendo alla modalità di svolgimento, solidale con le popolazioni colpite dal terremoto, proposta dal comitato organizzatore della manifestazione.

Attraverso la sua presenza al Bologna Pride 2012, Amnesty International vuole rappresentare tutte le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti) che nel mondo non sono ancora libere di vivere e di esprimere il loro orientamento sessuale e la loro identità di genere e vedono minacciato il loro diritto di manifestare in libertà e sicurezza, e marciare al fianco delle persone Lgbti che vivono in Italia dove, come in altri paesi europei, l'omosessualità e la transessualità sono spesso ancora origine di discriminazione e odio.

sabato 14 maggio 2011

Gay, rom e migranti: Amnesty accusa l'Italia di discriminazione


ROMA, 13 MAGGIO - Le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno in gran parte del mondo. Ogni anno l’associazione umanitaria Amnesty International pubblica un rapporto dedicato proprio a queste tematiche. Il rapporto del 2011 esce in occasione del cinquantesimo compleanno dell’associazione ed è dedicato a tutte quelle persone che ogni anno con coraggio sfidano l’oppressione.” La loro determinazione e caparbietà – scrive Amnesty – hanno ispirato milioni di persone e reso difficile per gli stati ignorare la sempre più forte richiesta di un cambiamento, che sia finalmente sostanziale e irreversibile”.

Buona parte del rapporto è dedicata alla situazione nordafricana, di cui si sottolinea l’importanza esercitata dalle nuove tecnologie (internet e social network) nella diffusione di quelle che sono le consuete rivendicazioni di ogni essere umano: “la richiesta di una vita dignitosa, nella piena affermazione dei diritti civili, culturali, economici, politici e sociali. Gli attivisti che in tutto il mondo avevano per troppo tempo sopportato la minaccia e la realtà della carcerazione, della tortura e della brutalità a causa delle loro opinioni politiche, del loro credo o della loro identità, immaginavano in quel momento un altro mondo possibile, che garantisse la libertà dalla paura e una significativa partecipazione politica.”

Proprio a causa della crescente importanza del ruolo delle nuove tecnologie nella circolazione delle informazioni (si consideri, ad esempio, la grandissima mole di notizie segrete rese pubbliche da Wikileaks), molti governi, denuncia Amnesty, stanno cercando di incrementare il controllo sui nuovi mezzi di comunicazione.

Una sezione del rapporto è dedicata all’Italia, accusata di un notevole aumento delle discriminazioni nei confronti di omosessuali, rom e migranti. “I rom hanno continuato a subire discriminazioni nel godimento dei diritti all’istruzione, all’alloggio, all’assistenza sanitaria e all’occupazione. Commenti dispregiativi da parte di alcuni politici e rappresentanti di varie autorità hanno contribuito ad alimentare un clima di intolleranza nei confronti di rom, migranti e persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.”

Nell’accusa di Amnesty, sgombri forzati, aggressioni omofobe sempre più frequenti, difficoltà per molti migranti di richiedere il diritto d’asilo, esasperazione del clima di intolleranza e xenofobia, vanno ad unirsi alle denunce su casi di maltrattamenti nelle carceri (si vedano ad esempio i casi di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi), oltre che alla mancata approvazione di una legge che istituisca il “reato di tortura”.

Qualcuno potrà anche storcere il naso a sentir parlare di diritti dei gay, dei rom e dei migranti, (si sa, razzismo e omofobia sono duri a morire), ma prima o poi capiremo che, limitandoci a citare solo il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.

Di Serena CasuInserisci link

Fonte:http://www.infooggi.it/articolo/gay-rom-e-migranti-amnesty-accusa-litalia-di-discriminazione/13228/