Transgender Dysphoria Blues: avere del gran coraggio

Gli Against Me! escono con il primo disco da quando Tom Gabel è diventato Laura Jane Grace.


«Puoi dimenticare il tuo nome, e non c’è bisogno di chiedere scusa».
Così cantava Laura Jane Grace quattro anni fa, quando ancora gli Against Me! non erano la punk band più chiacchierata del momento. Era il 2010, i tempi di White Crosses, un disco di solidità marmorea, dieci perle di folk-punk distorto e incazzato levigate con cura da Butch Vig, il disco del botto, quello che ha rastrellato il grosso dei fan che ora si accalcano ai concerti. Ai tempi, nessuno poteva immaginare cosa Laura Jane Grace intendesse dire con frasi come quella, e questo perché ai tempi Laura Jane Grace non era la stessa persona di oggi.


Quella persona si chiamava Thomas Gabel, era nata nel 1980 a Fort Benning, una base militare americana in Georgia, e il suo certificato di nascita recitava a chiare lettere che era un maschio. Fino a un certo punto, Tom ebbe un’infanzia ordinaria, per quanto potesse esserlo quella di un bambino che cresce all’ombra di un padre Maggiore dell’Esercito Americano. Poi, intorno ai cinque anni, Tom si rende conto di una cosa: quello che lo saluta ogni mattina dall’altra parte dello specchio non è lui, non proprio, è qualcuno di molto simile all’immagine che Tom ha di sé, solo che è un maschio. Comincia così un percorso infinitamente travagliato, che troverà parziale compimento solo vent’anni dopo. Thomas non è pazzo, e nemmeno un faggot [frocio, N.d.A.], come lo chiamano alcuni compagni di classe, soffre di una patologia molto seria e debilitante chiamata disforia di genere. Ma questo Thomas non lo sa, come non lo sanno la quasi totalità delle persone che lo circondano.

Questo disagio trova l’unica possibilità di sfogo nei testi delle canzoni, uno specchio deformante e anonimo perfetto per spurgare anni di frustrazioni. I fan ascoltano i testi, e come spesso accade, di fronte a frasi come «e nel diario che tieni di fianco al tuo letto / Confessando i segreti di quando eri bambino e ti vestivi da donna / Compulsioni di cui non hai mai capito le ragioni» (Searching For a Former Clarity) pensano che Tom stia parlando di un amico, o di un personaggio di fantasia ben congegnato. Tra questi fan, però, ce n’è uno che riesce a leggere tra le righe, forse perché quelle frasi sono drammaticamente simili a quelle che gli ronzano in testa.

January Hunt ha 15 anni nel 2005, quando ascolta per la prima voltaSearching For a Former Clarity. Quello che per Tom Gabel era un modo anonimo per confessare la propria transessualità, per quel ragazzino è un'epifania. Quella canzone gli cambia la vita, gli dà coraggio, lo convince che non c'è motivo di vergognarsi o sentirsi in colpa. Qualche anno dopo, January si presenta a un concerto degli Against Me! vestito da donna, Tom Gabel dal palco lo vede e all'improvviso capisce una verità che per molto tempo ha cercato di tenere al guinzaglio. Non importa che abbia un cromosoma Y, un pene e un pomo d'Adamo a sporgergli dal collo, non importa che si sia sposato, abbia avuto una figlia e promesso a se stesso di rimanere un uomo per il resto della sua vita: non c'è modo di dimenticare quello specchio e quell'orribile sensazione di distacco da sé. «In un certo senso» dichiarerà a Rolling Stone nel 2012 «presentandosi così a quel concerto mi ha dimostrato quanto fossi codardo. Se lei aveva avuto il coraggio di fare coming out come trans, allora perché cazzo io non lo facevo?»

Diversi anni dopo, Thomas Gabel chiede a January di incontrarsi per parlare. Ha bisogno di confrontarsi con qualcuno che lo possa capire, ha deciso di gettare la maschera, di uscire allo scoperto con tutto e tutti: moglie, figlia, famiglia, band, casa discografica. E siccome «quello che Dio non ti dà, devi andare e prendertelo da solo» (Bamboo Bones), ha deciso di cambiare nome e sesso: si chiamerà Laura Jane Grace, e sarà a tutti gli effetti una donna. Ne ha parlato con sua moglie Heather, con la quale intende rimanere, che si è dimostrata molto comprensiva, ne ha parlato con James Bowman, chitarrista degli Against Me! e amico di una vita, e con il resto della band. Mancano la sua famiglia, in particolare il Maggiore Gabel, e i suoi fan, loro lo verranno a sapere da una lunga intervista su Rolling Stone che farà il giro del mondo.

Da allora sono passati quasi due anni. Due anni fatti di terapia ormonale e psicoterapia, due anni durante i quali Laura ha dovuto lottare per terminare un concept album che si teneva dentro da sempre. Si chiamaTransgender Dysphoria Blues, racconta la storia di una prostituta transessuale ed è forse il disco punk più intimo, vero e disarmante che sia mai stato scritto.

Nel 2012, quando Gabel ha fatto coming out, il pensiero che in qualche modo questa cosa potesse essere sfruttata per guadagnare visibilità ha sfiorato le menti di molti. Colpa dell’ignoranza (ben pochi sanno che genere di calvario psico-fisico comporti una simile decisione), ma anche del fatto che gli Against Me! venivano già da tempo classificati – da quella cerchia di inenarrabili teste di cazzo che si autoproclamano puristi del punk DIY – come fantocci delle major discografiche, in una parola: venduti. Un simile teorema avrebbe potuto trovare un minimo fondamento se gli Against Me! avessero deciso di cavalcare subito l'onda mediatica, magari infilandosi subito in studio con Butch Vig mentre la loro major preparava il lancio in pompa magna.

E invece no. A febbraio gli Against Me! Hanno mollato la Sire Records per incidere il disco in totale autonomia, con l'idea di farlo uscire sotto per la loro stessa etichetta, la Total Treble. Niente Butch Vig, a fare i suoni e a produrre le canzoni ci penserà la stessa Grace. E visto che affrontare un cambio di sesso non è abbastanza traumatico, appena prima delle sessioni di registrazione il bassista Andrew Seward e il batterista Jay Weinberg abbandonano la nave. Laura e Bowman rimangono soli, cosa che non capitava dai tempi del liceo, quando gli Against Me! Erano appena nati. Ed è qui che Laura impara una cosa molto importante: in questo nuovo inferno non è da sola. A salvare la situazione interviene Fat Mike dei NOFX, che incide alcune parti di basso, e poi ancora il batterista Atom Willard dei Rocket From The Crypt, e non ultimo Dave Grohl che mette a disposizione lo studio personale dei Foo Fighters.

Il disco esce il 21 gennaio 2014, ed è un deciso cazzotto in faccia a tutti quegli imbecilli che aspettavano col dito puntato di poter deridere il faggot in gonnella. Le intenzioni della band sono chiare fin dalla prima traccia: «Quello che pensate è così ovvio. Spalle troppo larghe per una ragazza. Aiuta a non dimenticare, serve a ricordare da dove vieni». La voce di Laura Jane Grace è la stessa di Tom Gabel: incazzata, tesa, imperfetta, intrisa di passione, forse solo un po' più sollevata. La produzione è molto più lo-fi dei due dischi precedenti, le canzoni altalenano tra vere e proprie perle e dignitosi riempitivi. Transgender Dysphoria Blues è un disco tutt'altro che perfetto, ed è giusto così, si porta dietro un bagaglio di frustrazioni, tensioni e disagio, che rovescia in faccia all'ascoltatore senza chiedere permesso.


Avrebbe potuto essere un album intriso di orgoglio e riscatto, un disco trionfale, il coronamento creativo di un processo lungo e logorante. Invece, quelle di Transgender Dysphoria Blues, sono canzoni che raccontano un’auto-assoluzione per una vita passata a fingere, a farsi dare del frocio, a farsi carico dell’ignoranza di chi in tua presenza «tratteneva il fiato per non prendersi la malattia», quando tutto quello che volevi era «che ti guardassero come ogni altra ragazza». Ma sono anche canzoni di accettazione, perché «nessuno sceglie come nascere» e in ogni caso, per quanti ormoni assumerai, per quanto silicone adopererai per sorreggere i tuoi nuovi connotati, «non sarai mai la donna che vorresti essere». (True Trans Soul Rebel).

Un disco che è ancora più importante perché concede ai fan della band una chiave fondamentale per comprendere a fondo i dischi precedenti. Perché di fatto solo Laura Jane Grace può spiegare quello che Tom Gabel cantava in pezzi come The Ocean: «Se avessi potuto scegliere, sarei nato donna / Mia madre una volta mi disse / Che mi avrebbe chiamato Laura / E sari cresciuto forte e bella come lei».


A quasi 30 anni di distanza dalla prima volta che si intrufolò in camera di sua madre per rubarle le scarpe, Laura Jane Grace è riuscita in un’impresa che solo due anni fa sarebbe parsa impossibile: portare in cima alle classifiche indipendenti un disco scritto, suonato e cantato da una transessuale, che parla di transessualità, disforia di genere e identità sessuale, senza perdere un grammo di credibilità creativa. Dieci canzoni che sono un appello a tutti quei ragazzi e ragazze che vivono nella vergogna e nella colpa, e che potrebbero convincere decine di altre Laura Jane Grace a venire a patti con la propria identità. La dimostrazione più efficace che ci si può davvero dimenticare il proprio nome, e che non c'è bisogno di chiedere scusa. A nessuno.

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