C’è anche un Islam che dialoga con omosessuali e trans
Rouba Morcos è palestinese. Rouba Morcos è lesbica. Porta sulle sue spalle il peso di oppressioni stratificate. Rouba è tra le fondatrici di Aşwa Nisā Filastiniyyāt miliyātt (voci di donne lesbiche palestinesi ) e ha dichiarato: «Avevo dimenticato la mia lingua, non sapevo come dire fare l’amore in arabo, senza che queste parole suonassero scioviniste, aggressive e aliene rispetto alla mia esperienza». Rouba insieme a tante persone del mondo Lgbt arabo e iraniano hanno capito che ricercare i diritti è anche lavorare sul linguaggio. Le parole feriscono, umiliano e in certi casi uccidono. Rouba lo sa e per questo nelle sue lotte per l’affermazione dei diritti del mondo Lgbt ha messo il linguaggio al primo posto. L’attivista palestinese è solo una delle persone che si incontrano nella lettura di “Che genere di Islam, omosessuali, queer, transessuali tra shari’a e nuove interpretazioni” di Jolanda Guardi e Anna Vanzan (Ediesse). Le autrici, saggiamente, non hanno voluto salire sul carroz