LE NORME ANTIOMOFOBIA HANNO RISCHIATO DI FAR SALTARE IL GOVERNO IL MINISTRO CHITI:"ALLA CAMERA LE ABROGHEREMO"


AGGIORNAMENTO 11 DICEMBRE ADN-KRONOS La Commissione Europea ha inviato all'Italia una lettera d'ingiunzione per insufficienti misure normative contro l'omofobia. Lo ha reso noto un comunicato diffuso dall'eurodeputato radicale Marco Cappato, che un mese fa aveva inviato una interrogazione parlamentare all'esecutivo comunitario insieme alla liberale olandese Sophie In't Veld. I due parlamentari denunciavano il mancato recepimento della direttiva 2000/78 contro le discriminazione per orientamento sessuale.
In risposta a tale interrogazione, si legge nella nota di Cappato, "la Commissione ha oggi fatto sapere che 'ha gia' inviato a tre Stati membri (Lettonia, Finlandia e Italia) lettere d'ingiunzione relative a problemi manifesti concernenti il pieno recepimento delle disposizioni che vietano ogni discriminazione basata sulle tendenze sessuali. Si prevede che nei prossimi mesi la Commissione prendera' un'ulteriore decisione per quanto riguarda i provvedimenti per infrazione".
A questo punto, conclude Cappato, "ci auguriamo che intervenga il Parlamento approvando il maxiemendamento sulla lotta alla discriminazione ed alla violenza approvato dal Senato, senza le quali l'Italia potra' essere portata davanti alla Corte di Giustizia e condannata per violazione del diritto comunitario".


IL PAESE CHE NON CI VUOLE: ITALIA ADDIO.
Torno da New York tappezzata di campagne che accolgono i gay di tutto il mondo nella città "fatta per loro". Qualche giorno fa in una lavanderia a gettoni dell'East Village in attesa del bucato leggevo, su Details di Novembre con Jonathan Rhys Myers in copertina, un articolo che spiegava come da tutto il mondo arrivino persone gay a New York a fars una vita. Si parlava di paesi come Messico, Santo Domingo, India. Ma le interviste ai ragazzi che, dopo essersi trasferiti a New York dai loro paesi, avevano trovato se stessi, una società che li rendesse liberi di amare apertamente e alcuni anche un fidanzato stabile, ebbene quelle interviste non sarebbero state per nulla diverse da quelle che avrebbe potuto rilasciare un qualsiasi gay italiano.
La manovra umiliante con cui il governo italiano in queste ore ha cercato di tamponare i pressing di parte della maggioranza che voleva l'emendament anti-omofobia nel decreto sicurezza, è l'ultima goccia che personalmente fa traboccare il mio vaso. Da oggi è deciso che io farò di tutto per lasciare questo paese. Non solo. Rifletterò sul lanciare un manifesto Addio Italia, per convincere tutte le giovani lesbiche e i giovani gay di questo paese ad attrezzarsi subito per fuggire via, lontano da questo paese.
Posso pensare di accettare di vivere in un paese dove non venga riconosciuta alla mia affettività un ruolo di vincolo sociale e dunque potrei persino sopravvivere senza sposare in Italia il mio fidanzato. Ma non penso che potrei continuare a vivere in un paese dove il Parlamento della Repubblica cerca escamotage e modalità truffaldine concordate con il Vaticano, per evitare che su una sua legge venga scritto che non si possono picchiare individui solo perché gay. E' forse accettabile continuare a vivere, lavorare e pagare le tasse in un paese che non vuole difendere la mia incolumità legata alla mia inclinazione affettiva? Presto o tardi lo dirò: Italia Addio.

Giuliano Federico

Un errore in buona o mala fede? Stranamente, quando il Sen. Marcello Pera (centrodestra) aveva sottolineato l'errore in aula, il ministro per i Rapporti con il Paramento Vannino Chiti aveva già rassicurato il centrodestra e l'ala integralista cattolica del centrosinistra dicendo "Cancelleremo questo riferimento". Il decreto sulla sicurezza infatti ha seguito prima l'iter del Senato e ora approderà alla Camera. Dove il centrosinistra ha però una maggioranza più solida. E dove il Partito Democratico sarà seriamente messo alla prova su quanto sia immune da influenze clericali. Il Ministro per l'Istruzione Fiorono ha già fatto sapere che lui seguirà le orme della Binetti.

La sen. Binetti pare abbia ricevuto chiare indicazioni dal segretario della CEI cardinal Betori. La condanna arriva stamane (Domenica 9 Dicembre) in un passaggio dell'editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica (versione integrale >):

Paola Binetti è senatrice cattolica. Ultracattolica. Di tanto in tanto porta il cilicio (l'ha detto lei) per mortificare il corpo e offrire a Gesù il suo sacrificio.
Questa prassi, ormai desueta, suscita rispetto ma fa anche impressione. Nello smaliziato mondo di oggi può perfino provocare comicità. Infine la Binetti è seguace dell'Opus Dei. Ma si è iscritta al Partito democratico o meglio: viene dai Popolari di Marini, quindi dalla Margherita, per avvenuta fusione è infine approdata al partito di Veltroni.

Sembra che ci si trovi a suo agio. Fa piacere saperlo, la democrazia pluralista del Pd non può che essere rafforzata da questa "contaminazione".
Per i valori che rappresenta, la Binetti è stata inserita nella commissione di quel partito e incaricata di redigere il "manifesto", cioè appunto la carta dei valori. Il presidente della commissione è Alfredo Reichlin, una vita da dirigente del Pci, un intelletto fervido e rispettoso delle diversità, ma certo non un baciapile.

La Binetti e i valori da lei rappresentati saranno indubbiamente contaminanti (utilmente contaminanti) ma dovranno a loro volta venir contaminati dai valori della laicità (utilmente a loro volta contaminanti). Insomma ci dovrà essere una sintesi. Da subito perché il caso Binetti è già scoppiato, rischia di provocare la caduta del governo, il Pd deve dunque prendere una decisione. È evidente che la Binetti non può essere espulsa dal partito: un partito democratico non può, per definizione, sanzionare i casi di coscienza.

Da parte sua la senatrice ultracattolica deve rispondere a due domande. La prima: è vero che alla vigilia del voto ha ricevuto una telefonata dal segretario della Conferenza episcopale che le raccomandava di votare contro? Se è vero, il fatto è molto grave. Non tanto per lei, che avrà certamente seguito la sua coscienza, quanto per monsignor Betori. Lo spazio pubblico di cui la Chiesa gode in abbondanza le dà titolo a propagandare i suoi principi di dottrina, di fede e di morale. Spesso sconfina - e non dovrebbe - nella politica. Ma assolutamente non può intervenire direttamente per condizionare il voto di un membro del Parlamento.

L'intervento del segretario della Cei raffigura una macroscopica lesione delle norme concordatarie. Se l'intervento c'è stato, il ministro degli Esteri della Repubblica italiana dovrà chiedere spiegazioni e scuse formali alla Segreteria di Stato vaticana. Perciò la Binetti ha l'obbligo di dirci la verità su questo punto essenziale.

C'è però una seconda domanda cui deve rispondere. La Costituzione italiana prescrive in modo esplicito che non vi possano essere discriminazioni nei confronti dei cittadini, eguali di fronte alla legge indipendentemente dall'età, dal sesso, dalla religione. Perciò parlare, o peggio ancora legiferare, discriminando gli omosessuali è un atteggiamento anticostituzionale.

L'emendamento inserito nel decreto in questione tende a dare attuazione con legge ordinaria ad un principio essenziale stabilito dalla Costituzione. La senatrice Binetti contesta la stesura di quell'emendamento (che può essere modificato) o contesta il principio sancito in Costituzione? Nel primo caso è giusto che operi per emendare l'emendamento; nel secondo è doveroso che si dimetta dal Partito democratico che tutti può ospitare salvo chi anteponga i suoi principi a quelli della Costituzione.

Non mi pare che sul caso Binetti ci sia altro da dire. C'è solo da attendere le risposte dell'interessata. Se vorrà darle a noi le saremo grati. Comunque le deve dare al suo partito e, più ancora, al Senato della Repubblica. (Eugenio Scalfari su Repubblica )

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L'errore sull'indicazione dell'articolo 13, anziché 2 comma 7, del Trattato di Amsterdam è comunque un pasticciaccio dare un alibi alla componente della maggioranza che aveva promesso battaglia se quell'emendamento non fosse stato fatto proprio dall'Unione tutta. Ma soprattutto per confezionare l'ennesima presa per i fondelli verso i cittadini omosessuali di questa Repubblica.
(gf)


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Nella giornata di ieri 6 dicembre con 160 voti favorevoli e 158 contrari è passata la fiducia sul maxiemendamento al decreto della sicurezza che a questo punto è atteso alla Camera. Insieme alle norme sulle espulsioni degli immigrati è stato votata anche quella che presentava un richiamo al Trattato di Amsterdam ratificato dall'Italia con cui si punisce con la reclusione di 3 anni chi commette atti di discriminazione "fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali".




Vannino Chiti e Clemente Mastella


L'inserimento del passaggio sulla discriminazione sessuale ha da una parte rischiato di far cadere il governo sulla fiducia al maxiemendamento, dall'altra evidenziato i fragili equilibri nonchè le reali intenzioni in materia di apertura legislativa agli omosessuali dei vari schieramenti. Una norma inserita sostanzialmente per assicurarsi il voto di Rifondazione Comunista, che mai avrebbe fatto passare il decreto sicurezza, e che il ministro per i rapporti con il Parlamento Vannino Chiti ha subito precisato il governo si impegnerà a cancellare improrogalbimente entro fine anno.

La maggioranza è stata raggiunta unicamente con i voti dei senatori a vita Francesco Cossiga, Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro, Emilio Colombo e Rita Levi Montalcini, data l'assenza del senatore Luigi Pallaro della maggioranza, il voto contrario annunciato di Giulio Andreotti e quelli dell'esponente di Sinistra Critica ex Prc Franco Turigliatto e della senatrice Paola Binetti, esponente della corrente cattolica Teodem del Pd. E proprio la Binetti ha alimentato il maggior numero di polemiche basando il proprio voto su una scelta di coscienza, contrariamente a Cossiga che invece ha dichiarato di aver votato la fiducia solo perchè una crisi di governo sarebbe stata "drammatica".
Altre parole, ma che esprimono lo stesso concetto quelle del Guardasigilli Clemente Mastella: "Oggi la fiducia è passata solo perchè la norma sulla parità di genere verrà modificata attraverso modalità parlamentari. Su questi temi è chiaro che non c'è una maggioranza. Se la sinistra imporrà questa norma alla Camera, ci sarà crisi di Governo". Sul voto contrario della Binetti ha poi aggiunto "sui temi che esprimono valori non c'e' la maggioranza come la vuole la sinistra": il comportamento della senatrice è stato quello di chi "agisce in nome dei valori ma magari è meno avvezzo alla politica (...) Chi lo è di più come me arriva allo stesso risultato in maniera diversa". Riferendosi alle rassicurazioni di Chiti sul fatto che se "per motivi procedurali non è stato possibile sopprimere" il passaggio sulle discriminazioni rispetto alle tendenze sessuali, l'abrogazione sarà attuata nel voto alla Camera.
Idem il voto di un altro senatore Teodem Luigi Bobba che, sempre riferendosi alla Binetti, ha sottolineato come il voto favorevole degli esponenti cattolici del Pd e dell'Udeur è stato dato tenendo conto del far parte di una maggioranza: "ma abbiamo tutti operato per dare un segnale: adesso basta con emendamenti abnormi, basta intervenire su temi così delicati con bombe a orologeria magari inserite di soppiatto in un emendamento".
All'ordine del giorno invece gli avvertimenti di Franco Giordano segretario di Rifondazione: "Se tutta la coalizione sosterrà le modifiche unitariamente condivise votiamo sì, se no valuteremo le conseguenze". Quelli di Antonio Di Pietro: "Piaccia o no, dopo il voto di fiducia di ieri al Senato la maggioranza politica non c'è più. Di questo va preso atto". E il penultimatum (come definito da Massimo D'Alema) di Clemente Mastella "Se non viene ritirato l'emendamento sull'omofobia sarà crisi di governo".

redazione@gay.tv



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